Joe Pass vs Wes Montgomery: due strade per il paradiso della chitarra jazz

Due icone, uno strumento

Poche rivalità nel jazz sono affascinanti — o illuminanti — quanto il dialogo silenzioso tra Joe Pass e Wes Montgomery.
Non si sono mai scontrati direttamente, né condiviso un palco, ma il loro modo di suonare rappresenta due visioni completamente diverse di ciò che la chitarra jazz poteva diventare.

Wes Montgomery suonava come se la chitarra fosse uno strumento a fiato: cantava, respirava, fraseggiava come un sassofono.
Joe Pass, invece, la trattava come un’orchestra completa — accordi, linee di basso e melodie intrecciate con precisione chirurgica.

Uno era calore e istinto.
L’altro, intelletto e struttura.
Entrambi, pura genialità.


🌱 Le origini – Genio autodidatta vs disciplina classica

Wes Montgomery crebbe a Indianapolis, imparando ad orecchio e memorizzando per notti intere gli assoli di Charlie Christian.
Senza alcuna formazione accademica, sviluppò il suo stile unico di thumb-picking — pizzicare le corde con il pollice — per ammorbidire il suono e non svegliare i vicini.
Quella limitazione divenne la sua firma: un suono caldo, rotondo, profondamente umano.

Joe Pass, invece, seguì un percorso più tormentato.
Dopo un’infanzia immersa nel bebop e anni segnati da dipendenza e riabilitazione, ne uscì nei primi anni ’60 con una padronanza disciplinata, quasi accademica dello strumento.
Le sue prime incisioni rivelano già un musicista ossessionato dall’armonia — non solo dall’improvvisazione sugli accordi, ma dentro gli accordi.

Wes suonava col cuore.
Joe suonava con l’architettura.


🎸 Il suono – Tono, tocco e tecnica

Il suono di Wes Montgomery era inconfondibile: ottave e linee eseguite col pollice, fluide e calde, mai affrettate.
Ascolta West Coast Blues o Four on Six: c’è swing, ma anche respiro. Ogni nota vive, respira.

Il suono di Joe Pass era cristallino, definito dall’indipendenza della mano destra e da una costruzione armonica stratificata.
Con Virtuoso (1973) reinventò la chitarra jazz solista: basso, accordi e melodia — tutto insieme.
Poteva prendere How High the Moon o Django e costruirne architetture armoniche in tempo reale, con linee di basso che camminano sotto infinite sostituzioni.

Wes cercava la bellezza nella semplicità.
Joe trovava la bellezza nella complessità.


🎶 L’improvvisazione – Linee cantabili vs architettura armonica

Quando Wes Montgomery improvvisava, raccontava storie.
Il suo fraseggio era melodico, quasi vocale — una continuazione della tradizione dei grandi strumenti a fiato del jazz.
Costruiva i suoi assoli su tre livelli: note singole → ottave → blocchi di accordi.
Quell’intensificazione graduale rendeva il suo suono narrativo, emozionale, quasi cinematografico.

Joe Pass, al contrario, affrontava l’improvvisazione come un problema armonico da risolvere.
Vedeva la tastiera come una mappa di possibilità — arpeggi, scale diminuite, dominanti secondarie — sempre pronto a ricalcolare ogni sostituzione in tempo reale.
In Meditation o Round Midnight, si sente chiaramente come riarmonizzi mentre suona, aggiungendo movimento di basso e conduzione delle voci degni di un pianista.

Dove Wes faceva respirare la melodia, Joe faceva evolvere l’armonia.
E per questo entrambi restano senza tempo.


🪶 Influenza ed eredità

Wes Montgomery cambiò per sempre il modo di intendere la chitarra jazz.
La sua influenza riecheggia in George Benson, Pat Metheny, Emily Remler e persino nei chitarristi soul-jazz contemporanei.
Il suo suono divenne un modello di fraseggio espressivo e “vocale”: non solo note, ma frasi musicali.

Joe Pass, invece, cambiò la percezione stessa della chitarra come strumento solista.
Prima di lui, era perlopiù uno strumento di accompagnamento o un solista sostenuto da una sezione ritmica.
Dopo di lui, poteva reggersi da sola — completa come un pianoforte.
La sua serie Virtuoso divenne una vera e propria lezione di armonia, conduzione delle voci e fraseggio.
Chitarristi come Martin Taylor, John Pizzarelli e Tuck Andress gli devono tutto.

Wes aprì i cuori.
Joe aprì le possibilità.


⚖️ Due vie, una stessa destinazione

Alla fine, Joe Pass e Wes Montgomery non erano opposti: erano complementari.
Wes dimostrò che emozione e semplicità possono avere la stessa forza della teoria.
Joe dimostrò che intelletto e struttura possono comunque suonare profondamente umani.

Ascolta Days of Wine and Roses di Joe Pass e Bumpin’ on Sunset di Wes Montgomery, e capirai:
due lingue diverse, una sola verità.
La chitarra — sussurrata o articolata — resta sempre un veicolo per l’anima.

Forse è proprio quello il paradiso che entrambi hanno raggiunto.



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FAQ – Joe Pass vs Wes Montgomery

Chi era “migliore”, Joe Pass o Wes Montgomery?
Nessuno dei due era “migliore”: rappresentavano due filosofie diverse della chitarra jazz.
Wes suonava con calore, anima e fraseggio lirico; Joe con precisione armonica e maestria tecnica. Entrambi rivoluzionarono il linguaggio dello strumento.

Perché Wes Montgomery usava il pollice invece del plettro?
Per ottenere un tono più morbido — e perché studiava di notte senza disturbare i vicini.
Quella scelta divenne iconica, conferendo al suo suono un calore vocale inconfondibile.

Cosa rese unico lo stile di Joe Pass?
La padronanza del chord melody: l’arte di suonare basso, accordi e melodia simultaneamente.
Con Virtuoso, dimostrò che la chitarra poteva essere autonoma come un pianoforte, completa e autosufficiente.

Come influenzarono i chitarristi moderni?
Wes ispirò i chitarristi melodici come George Benson, Pat Metheny ed Emily Remler.
Joe influenzò i maestri dell’armonia come Martin Taylor, John Pizzarelli e Tuck Andress.
Le loro eredità definiscono le due scuole della chitarra jazz: quella emotiva e quella tecnica.

Quali brani sono essenziali per confrontare i loro stili?
🎧 Wes Montgomery: West Coast Blues, Four on Six, Bumpin’ on Sunset
🎧 Joe Pass: Django, How High the Moon, Days of Wine and Roses

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